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Dimissioni volontarie e fondo pensione: cosa succede?

Le dimissioni volontarie rappresentano una scelta su cui fare diverse valutazioni, comprese quelle relative alla previdenza complementare e alla permanenza nel fondo pensione, in particolare in un fondo pensione negoziale legato al CCNL dell’aderente come Priamo.

Le conseguenze delle dimissioni sul fronte della previdenza complementare dipendono, in particolare, da quello che accade dopo la chiusura del contratto di lavoro.

In questo articolo analizzeremo le diverse casistiche, a partire dalle dimissioni con conseguente nuova occupazione nell’ambito del medesimo CCNL.

Vedremo, poi, cosa accade se invece si cambia CCNL e le conseguenze fiscali delle scelte fatte. Risponderemo, inoltre, ai quesiti riguardanti le dimissioni con contestuale trasferimento all’estero, ma anche l’eventualità di una prolungata inoccupazione dopo aver lasciato volontariamente il posto di lavoro.

Infine, scopriremo che è sempre possibile scegliere di restare nel fondo pensione, anche in assenza di ulteriore contribuzione e per quali ipotesi questa scelta è consigliata.

Dimissioni volontarie e cambio lavoro

Sul fronte del fondo pensione negoziale, con le dimissioni volontarie si aprono diversi scenari, a seconda delle scelte e delle opportunità lavorative del soggetto aderente.

Iniziamo dalle dimissioni con conseguente cambio di lavoro pur restando nell’ambito del medesimo CCNL.

Nello specifico, chi cambia lavoro e ha aderito conferendo il TFR al Fondo, ha tre possibilità:

  • scegliere di mantenere la propria posizione, indicando anche al nuovo datore di lavoro la destinazione del TFR al Fondo Priamo;
  • richiedere di trasferire la propria posizione individuale in un’altra forma pensionistica complementare (ma devono essere trascorsi almeno due anni dall’adesione a Fondo Priamo);
  • riscattare la propria posizione: questa opzione è sempre possibile in caso di dimissioni, e va esercitata prima di una nuova assunzione.

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Dimissioni volontarie e perdita dei requisiti di partecipazione al fondo

Nel caso in cui, a seguito di dimissioni volontarie, il cambio di lavoro comporti il passaggio ad altro Settore il lavoratore ha due opzioni:

  • può passare ad altro fondo;
  • può riscattare la posizione maturata fino a quel momento.

Nel caso in cui si opti per il trasferimento ad altro fondo pensione, verrà riconosciuta all’aderente l’anzianità maturata alla previdenza complementare, recependo quale data d’iscrizione quella del precedente fondo pensione.

I lavoratori che hanno perso i requisiti di partecipazione al fondo devono, però, fare particolare attenzione all’imposizione fiscale applicata alla scelta del riscatto. A questa particolare prestazione, infatti, viene applicata un’aliquota del 23%, ben più elevata del 15% (che può arrivare fino al 9% in caso di prolungata permanenza nel fondo) applicato alla pensione integrativa o ad altre forme di riscatto, ad esempio quello per invalidità superiore a un terzo.

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Dimissioni volontarie e trasferimento all’estero

Se, a seguito delle dimissioni volontarie, gli iscritti a un fondo negoziale come Priamo si trasferiscono all’estero, perdono anche in questo caso requisiti di partecipazione, dal momento che non lavorano più nell’ambito del CCNL a cui corrisponde la forma di previdenza complementare a cui ha aderito.

Le opzioni in questo caso sono due:

  • passare ad altra forma di previdenza complementare (fondi aperti o PIP);
  • riscattare la posizione maturata fino a quel momento.

Trattandosi nuovamente di perdita dei requisiti di partecipazione, se si opta per il riscatto andrà applicata una tassazione meno vantaggiosa, con aliquota al 23%.

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Dimissioni e conseguente inoccupazione

Veniamo al caso in cui il lavoratore si dimetta volontariamente e in seguito non trovi un nuovo lavoro. Se si verifica questa eventualità, l’aderente al fondo pensione può richiedere:

  • il riscatto parziale, nella misura del 50% della posizione individuale maturata, nei casi di cessazione dell’attività lavorativa che comporti l’inoccupazione per un periodo di tempo non inferiore a 12 mesi e non superiore a 48 mesi;
  • il riscatto totale della posizione individuale maturata in caso di cessazione dell’attività lavorativa che comporti l’inoccupazione per un periodo di tempo superiore a 48 mesi;
  • il riscatto immediato nella misura del 100%. A differenza delle due opzioni sopra indicate, il trattamento fiscale previsto in questo caso è però meno favorevole, prevedendo un’aliquota del 23%.

Dunque, nel primo anno di inoccupazione non è possibile richiedere la prestazione, mentre per ottenere il totale del montante accumulato occorre attendere che passino 4 anni.

A questa forma di riscatto si applica il medesimo trattamento fiscale riservato alla pensione integrativa, dunque un’aliquota del 15%, che si riduce dello 0,30% per ciascun anno di partecipazione al fondo pensione oltre il quindicesimo, fino a giungere a una aliquota minima del 9%.

Perdita dei requisiti e inoccupazione: si può restare nel fondo pensione?

Sia che il lavoratore perda i requisiti per la partecipazione al fondo, sia che si trovi in situazione di prolungata inoccupazione, può comunque decidere di restare nel fondo pensione anche in assenza di ulteriore contribuzione.

L’aderente potrebbe optare per questa soluzione per alcune motivazioni pratiche:

  • non intende trasferire il montante fino a quel momento accumulato ad altra forma di previdenza complementare poiché, a differenza dei fondi negoziali, queste applicano costi di gestione più elevati;
  • vuole aspettare di maturare i requisiti per la tassazione agevolata del riscatto, ad esempio raggiungendo l’età pensionabile o un periodo di inoccupazione superiore a 48 mesi.

Anche in assenza di ulteriore contribuzione, il montante continuerà a maturare i rendimenti ottenuti sulla base delle politiche di investimento del fondo, anno dopo anno. Questi rendimenti andranno poi sommati al montante ogni anno, accrescendo l’importo lasciato nel fondo.

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