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Cosa succede al fondo pensione se mi trasferisco all'estero?

In caso di trasferimento all’estero, il soggetto aderente a un fondo pensione deve valutare una serie di fattori, in particolare la forma di previdenza complementare a cui è iscritto e la situazione occupazionale estera.

In questo articolo vedremo in quali casi specifici il trasferimento fuori dall’Italia consente di accedere al riscatto del fondo pensione e quali sono gli altri casi in cui il riscatto può essere richiesto.

Infine, ci concentreremo su una novità per i lavoratori che si muovono all’interno dell’Unione Europea per questioni lavorative: la previdenza complementare europea (PEPP).

Trasferimento all’estero: diritto al riscatto del fondo pensione?

Cosa accade quando un lavoratore iscritto a un fondo pensione lascia l’Italia e va a lavorare all’estero? Si può richiedere il riscatto totale del fondo pensione oppure occorre attendere di raggiungere l’età del pensionamento per poter ottenere la prestazione?

La risposta è: dipende.

Il trasferimento all’estero, infatti, potrebbe rientrare tra i casi in cui si matura il diritto al riscatto totale della posizione individuale, ma soltanto se si presentano le seguenti condizioni:

  • il soggetto interessato è iscritto a un fondo pensione chiuso;
  • il trasferimento per lavoro all’estero comporta la perdita dei requisiti di partecipazione, dal momento che l’iscritto non lavora più nell’ambito del Contratto collettivo nazionale a cui corrisponde la forma di previdenza complementare a cui ha aderito.

Per gli aderenti ai fondi negoziali (o chiusi), infatti, il passaggio ad altro settore è uno dei motivi di perdita dei requisiti per l’adesione, il che fa maturare il diritto al riscatto della posizione maturata.

Nel caso di Piani individuali pensionistici (PIP) o fondi aperti, invece, il cambio di lavoro, anche in caso di trasferimento all’estero, non rientra tra le possibilità di richiesta del riscatto totale.

L’alternativa per chi si trasferisce in uno dei Paesi UE, come vedremo in seguito, è quella di mantenere la posizione individuale anche in assenza di contribuzione, fino alla maturazione dei requisiti per il pensionamento.

Diritto al riscatto: in quali casi matura?

Il riscatto totale può essere richiesto in determinati casi specifici, tra cui i seguenti:

  • invalidità permanente che comporti la riduzione delle capacità di lavoro a meno di un terzo;
  • cessazione dell’attività lavorativa che comporti l’inoccupazione per un periodo di tempo superiore a 48 mesi;
  • perdita dei requisiti di partecipazione, come abbiamo visto.

In caso di morte dell’iscritto che ha maturato il diritto alla pensione integrativa, l’intera posizione individuale maturata viene riscattata dal soggetto beneficiario indicato dall’aderente o, in sua assenza, dagli eredi. In caso di morte dell’iscritto prima che abbia maturato il diritto alla pensione integrativa, l’intera posizione individuale maturata è riscattata da un soggetto designato o, in alternativa, dagli eredi.

Leggi anche il nostro approfondimento Come funziona il riscatto totale del Fondo Pensione a scadenza

Direttiva UE 50/2014: trasferimento in Unione Europea

Per i lavoratori UE, in caso di trasferimento in un Paese dell’Unione, il riferimento normativo è il D.Lgs.88/2018 che ha recepito in Italia la Direttiva UE 50/2014.

Per quanto concerne la previdenza complementare, i due passaggi fondamentali previsti dalla norma sono i seguenti.

  • Diritto alla prestazione. I lavoratori che cessano il rapporto di lavoro non per pensionamento e che si spostano nella UE hanno diritto a ottenere la prestazione pensionistica integrativa con soli 3 anni di contribuzione, contro i 5 ordinari previsti per coloro che restano in Italia.
  • Mantenimento della posizione previdenziale all’interno del fondo anche in assenza di nuova contribuzione, opzione alternativa al trasferimento ad altro fondo e al riscatto, di cui abbiamo parlato in precedenza. I lavoratori che perdono il requisito di partecipazione al fondo possono mantenere la posizione presso il fondo pensione stesso, pur in assenza di ulteriore contribuzione. Questa è l’opzione di default che si attiva automaticamente in mancanza di diversa scelta del lavoratore.

Cosa succede alla pensione pubblica in caso di trasferimento all’estero

Abbiamo fin qui parlato di previdenza complementare e trasferimento all’estero. Ma che cosa accade per quanto concerne la previdenza obbligatoria?

In questo caso esistono delle convenzioni, che l’Italia ha stipulato con altri Paesi, al fine di permettere ai lavoratori di fruire della contribuzione versata nel Paese estero per integrare il requisito contributivo richiesto qui.

I Paesi con i quali l’Italia ha stipulato una convenzione previdenziale consentono dunque l’accesso a quella che si chiama totalizzazione in regime internazionale ai fini del riconoscimento del diritto alla pensione. Di seguito le nazioni interessate: tutti i Paesi UE, Argentina, Australia, Brasile, Canada, Capoverde, Jersey, tutti i Paesi della ex Jugoslavia, Liechtenstein, Norvegia, Principato di Monaco, San Marino, Stati Uniti Svizzera, Tunisia, Turchia, Uruguay, Vaticano e Venezuela.

Per poter essere sommati tra di loro, i periodi contributivi in Italia e all’estero non devono ovviamente sovrapporsi, altrimenti verrà conteggiato esclusivamente quello nel nostro Paese. Chi lavora in un Paese non convenzionato può comunque recuperare la copertura previdenziale per i periodi interessati, ma solo ricorrendo al riscatto e, dunque, pagando di tasca propria.

Previdenza complementare europea (PEPP)

In ultimo, facciamo un cenno al caso di chi aderisce al PEPP (Pan-European Personal Pension Product). Il prodotto pensionistico individuale paneuropeo, o PEPP appunto, è un piano di previdenza individuale che ha come caratteristica fondamentale la piena portabilità tra tutti i Paesi europei.

Chi decide di aderire a questa forma di previdenza complementare, dunque, in caso di trasferimento tra Paesi UE fruisce della possibilità di trasferire la propria posizione individuale senza soluzione di continuità.

Tuttavia, per coloro che in Italia hanno diritto all’iscrizione a fondi pensione chiusi, come Priamo, c’è una questione da tenere attentamente in considerazione quando si valuta l’opzione del PEPP. La previdenza complementare europea, infatti, non offre la possibilità di destinarvi il proprio TFR.

La destinazione del TFR alla previdenza complementare, tuttavia, è uno degli indubbi vantaggi per i lavoratori dipendenti che scelgono di aderire a un fondo pensione come Priamo; questo perché rappresenta l’opportunità di veder crescere la propria posizione a costo zero, per poi scegliere di aggiungere o meno una contribuzione propria. Nel caso dei fondi pensione negoziali, quest’ultima attiva anche il contributo del datore di lavoro (altra fonte di risparmio e accumulo a costo zero per il lavoratore e riservata esclusivamente agli iscritti ai fondi pensione negoziali).

Leggi anche il nostro approfondimento Cos'è la previdenza complementare europea PEPP

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