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Come funziona il contributo dell'azienda al fondo pensione

Il contributo dell’azienda al fondo pensione rappresenta uno dei vantaggi offerti dai fondi negoziali come Priamo. A ben vedere, si tratta di un’opportunità riservata ai soli aderenti a un fondo pensione negoziale in quanto non è prevista dalle altre forme di previdenza complementare.

In questo articolo scopriremo nel dettaglio cos’è e come si ottiene questo contributo, a quanto ammonta, se ci sono delle differenze a seconda del settore in cui si è impiegati e perché attivare il contributo del datore di lavoro sia una scelta oculata e lungimirante.

Cos’è e come si ottiene il contributo dell’azienda al fondo pensione?

Chi sceglie di aderire al fondo pensione negoziale della propria categoria, decidendo di costruire in questo modo una pensione integrativa rispetto a quella pubblica, può contribuire in diversi modi alla composizione della propria posizione individuale.

Nello specifico, l’aderente può scegliere di versare nel fondo:

  • il solo TFR;
  • un contributo a proprio carico aggiuntivo rispetto al TFR.

In questo secondo caso, il lavoratore matura il diritto a ottenere un ulteriore importo sotto forma di contributo a carico del datore di lavoro.

Questo significa che una parte dei contributi che andranno ad alimentare la posizione individuale del soggetto iscritto non verrà erogata dal lavoratore, ma dal datore di lavoro.

Dunque, il contributo dell’azienda va ad ampliare l’importo destinato alla pensione integrativa, ma non solo.

Questo contributo rientra tra quelli deducibili in dichiarazione dei redditi e il suo importo può essere sottratto al reddito imponibile per il conteggio delle imposte annuali. Ricordiamo inoltre che esiste un tetto massimo ai contributi deducibili annualmente, pari a 5.164,57 euro.

Ciò significa che il datore di lavoro versa il contributo e il lavoratore:

  • vede crescere il montante del fondo pensione;
  • deduce annualmente gli importi versati dal datore di lavoro.

A quanto ammonta il contributo del datore di lavoro al fondo pensione?

Quanto versa il datore di lavoro? La risposta è: dipende! La percentuale del versamento a carico dell’azienda, infatti, è variabile a seconda del CCNL.

Per chiarire meglio, vediamo quali sono a oggi le percentuali stabilite per alcuni dei contratti di lavoro per i quali si aderisce al Fondo Priamo.

Per ciascun contratto di lavoro, di seguito indichiamo l’importo minimo del contributo del lavoratore necessario ad attivare quello del datore di lavoro e l’aliquota dei contributi a carico dell'azienda:

  • lavoratori dipendenti cui si applica il CCNL del trasporto pubblico locale: il lavoratore deve versare almeno il 2%, calcolato sulla retribuzione, per ottenere il contributo aggiuntivo del 2% a carico dell’azienda;
  • addetti per gli impianti di trasporto a fune: 1,5% per il lavoratore e 2% per l’azienda;
  • dipendenti da imprese attività esercenti attività di noleggio autobus con conducente: 1% per il lavoratore e 1% per l’azienda;
  • lavoratori di autoscuole e studi di consulenza automobilistica: 1% per il lavoratore e 1,5% per l’azienda;
  • lavoratori delle agenzie marittime: 1% per il lavoratore e 1% per l’azienda.

Da questo elenco emerge in che modo variano le aliquote a seconda del contratto di lavoro e del settore in cui si opera.

Ciò significa che nel caso in cui il lavoratore decida di versare, oltre al TFR e al contributo individuale, un ulteriore contributo volontario prelevandolo dalla busta paga, questo non comporta una crescita dell’importo a carico del datore di lavoro, che resta fissato nella misura stabilita dagli accordi collettivi vigenti.

Ricordiamo che l'innalzamento volontario del contributo al Fondo Priamo da parte del lavoratore viene determinato in scaglioni fissi di aliquota contributiva per multipli dello 0,5%.

Infine, non va dimenticato che la decisione di incrementare l’aliquota contributiva è reversibile, dunque si può poi ritornare al minimo in caso di necessità.

Approfondisci sulla nostra pagina Quanto contribuire

Perché conviene attivare il contributo del datore di lavoro?

Versare un contributo proprio, oltre il TFR, è in sintesi una scelta oculata con effetti molto positivi sulle finanze del lavoratore e sul suo futuro pensionistico.

A fronte del versamento del contributo minimo, infatti, si attiva quello del datore di lavoro che, osservando le aliquote dei nostri esempi, in moltissimi casi va a raddoppiare il contributo del lavoratore (si pensi al caso del contributo del lavoratore al 2% che attiva un ulteriore 2% a carico dell’azienda).

Si ottiene, quindi, un flusso di denaro che entra nel fondo ma che non proviene dalle tasche del lavoratore e che incrementa la cifra deducibile annualmente in dichiarazione dei redditi, consentendo così di pagare meno tasse.

Come anticipato, si tratta di una grande opportunità riservata ai soli aderenti a un fondo pensione negoziale come Priamo. Ricordiamo che l’adesione al Fondo Priamo offre una serie di vantaggi aggiuntivi oltre a quelli già indicati:

  • fiscalità agevolata anche in fase di gestione e prestazione, dunque su rendimenti e pensione integrativa;
  • costi contenuti dal momento che il fondo non ha scopo di lucro e opera nell’esclusivo interesse degli iscritti;
  • possibilità di richiedere delle anticipazioni nel corso degli anni di adesione al fondo;
  • opportunità di accedere alla RITA (Rendita Integrativa Temporanea Anticipata), in caso di perdita del lavoro in prossimità del momento del pensionamento.

Dunque, sono davvero moltissimi i motivi per fare questa scelta e costruire un futuro previdenziale sereno.

Leggi anche il nostro approfondimento Fondo Pensione: cos'è e come funziona

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