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Dove va il TFR lasciato in azienda?

Che fine fa il TFR lasciato in azienda? Resta effettivamente nelle casse aziendali o va altrove? Quali garanzie ci sono sulla liquidazione?

In questo articolo vedremo cos’è il TFR e come funziona, dove va il TFR lasciato in azienda e se ci sono differenze a seconda delle dimensioni dell’impresa stessa, come scegliere tra TFR in azienda o destinazione al fondo pensione e come spostare il TFR dall’azienda al fondo pensione.

Infine, ci concentreremo sui numerosi vantaggi di cui beneficia chi sceglie di destinare il proprio TFR a un fondo pensione negoziale come Priamo.

Cos’è il TFR?

Il TFR, acronimo di Trattamento di Fine Rapporto, è una componente della retribuzione del lavoratore dipendente che viene accantonata mese dopo mese per garantire al lavoratore stesso una liquidazione al termine del rapporto di lavoro, che questa avvenga per licenziamento, dimissioni o perché si è raggiunta l’età pensionabile.

Il TFR è stato introdotto in Italia con la Legge 297/1982 “Disciplina del trattamento di fine rapporto e norme in materia pensionistica”, ma si tratta dell’evoluzione dell’indennità di licenziamento, già in vigore negli anni ‘20 del ‘900.

Inizialmente si trattava di un beneficio riconosciuto ai dipendenti esclusivamente in caso di licenziamento non dovuto a colpa del lavoratore; soltanto negli anni ‘80 si è evoluta in indennità di anzianità.

L'importo annuo accantonato per il TFR è pari a circa una mensilità, dal momento che si determina prendendo in considerazione l’importo della retribuzione dovuta per l'anno stesso e si divide per per 13,5. Questo divisore è dato dal fatto che non tutti i CCNL contemplano le 14 mensilità, mentre tutti prevedono la tredicesima.

Per approfondire questo aspetto, leggi anche il nostro articolo Calcolo TFR (Trattamento Fine Rapporto): come farlo

Negli anni, il TFR si accumula per garantire al lavoratore un “tesoretto” su cui contare nel futuro. Il lavoratore può scegliere tra due opzioni di destinazione:

  • lasciare il TFR in azienda e ritirarlo al termine del rapporto di lavoro;
  • farlo confluire in un fondo pensione, in modo da contribuire alla propria previdenza complementare che andrà a integrare l’assegno pensionistico pubblico al momento del definitivo ritiro dal lavoro.

Ma quando si lascia il TFR in azienda, dove viene accumulato il denaro a esso destinato? Lo scopriremo in questo articolo.

Cosa succede se si lascia il TFR in azienda?

Quando si decide lasciare il TFR in azienda, dove finisce il denaro accumulato? Che fine fa il TFR lasciato al datore di lavoro?

La risposta a queste domande è: dipende!

La destinazione del TFR, per chi non si affida a un fondo pensione negoziale, dipende, infatti, dal numero di dipendenti dell’azienda in questione, secondo una divisione schematica in due gruppi:

  1. aziende con meno di 50 dipendenti;
  2. aziende con più di 50 dipendenti.

1. TFR in azienda con meno di 50 dipendenti

In questo caso, è l’azienda stessa a doversi premurare di accantonare il denaro destinato al TFR, in modo da accumulare i fondi necessari a erogare le liquidazioni nel momento in cui i lavoratori si dimettono, vengono licenziati oppure semplicemente vanno in pensione.

Essendo una questione completamente in capo all’azienda, se questa dovesse avere problemi di liquidità anche la riscossione del TFR sarebbe a rischio.

Di fatto, chi sceglie di lasciare il proprio TFR in azienda dovrebbe sapere che si espone al rischio di fallimento del proprio datore di lavoro non solo per quanto riguarda la propria occupazione attuale, ma anche per il proprio futuro, non avendo grandi garanzie sulla liquidazione.

Leggi anche il nostro approfondimento Chi paga il TFR al dipendente se l’azienda fallisce?

2. TFR in azienda con più di 50 dipendenti

Per le imprese più grandi, quelle che contano dai 50 dipendenti in su, dal 2007 è stato costituito il Fondo Tesoreria INPS nel quale i datori di lavoro devono versare obbligatoriamente le somme di TFR dei lavoratori che hanno optato di lasciarlo in azienda.

Al momento di lasciare il posto di lavoro, per licenziamento, dimissioni o pensionamento, l’azienda stessa inoltra la domanda di intervento al Fondo di Tesoreria per il pagamento diretto al lavoratore del TFR di competenza.

Anche le eventuali richieste di anticipazioni del TFR vanno inoltrate al proprio datore di lavoro, che deve richiedere l’intervento diretto al Fondo di Tesoreria.

Il Fondo Tesoreria INPS eroga il TFR direttamente al lavoratore entro 30 giorni dal perfezionamento della domanda.

A fronte di questa garanzia, bisogna tuttavia ricordare che, anche se il TFR viene versato al Fondo Tesoreria INPS, gli importi non vengono reinvestiti per farli fruttare, ma vengono utilizzati a vario titolo dallo Stato e subiscono la rivalutazione automatica corrispondente a un tasso fisso dell’1,5% più il 75% dell’inflazione.

Rivalutazione che, in un orizzonte temporale lungo e al netto di fenomeni contingenti, risulta tipicamente più contenuta dei rendimenti ottenuti da chi affida il proprio TFR a un fondo pensione negoziale.

Per approfondire, il nostro articolo Rivalutazione TFR o gestione fondo pensione: quale conviene?

Destinazione del TFR: azienda o fondo pensione?

Fin dalla prima assunzione, il lavoratore è invitato a fare una scelta circa la destinazione del proprio TFR, avendo a disposizione due alternative:

  • lasciarlo in azienda;
  • destinarlo ad un fondo pensione.

Innanzitutto occorre sapere che, per i lavoratori dipendenti del settore privato, se entro 6 mesi dalla prima assunzione il lavoratore non comunica la propria decisione in merito alla destinazione del TFR, ovvero se intende lasciarlo in azienda o conferirlo a un fondo pensione, scatta in modo automatico la cosiddetta adesione tacita, basata sul meccanismo del silenzio-assenso.

In questo caso, dunque, al termine dei 6 mesi dalla prima assunzione il TFR viene destinato al fondo pensione del proprio Settore.

Se, invece, si esercita attivamente la propria opzione per il fondo pensione, sia alla prima assunzione, sia in qualsiasi momento successivo (come vedremo), allora possiamo parlare di adesione esplicita.

Si tratta di una scelta consapevole, che il lavoratore compie con l’obiettivo primario di costruire un futuro previdenziale più solido e mantenere il proprio tenore di vita al momento del pensionamento.

Cosa succede invece se il lavoratore non è alla sua prima assunzione?

Se non si tratta del primo rapporto di lavoro, possono presentarsi diversi scenari, nello specifico i seguenti:

  • il lavoratore si è spostato nel medesime settore e ha già aderito al relativo fondo negoziale; di conseguenza il nuovo datore di lavoro continuerà a versare il TFR nel medesimo fondo;
  • il lavoratore non ha mai aderito al fondo, dunque il datore avvierà l’accantonamento del TFR in azienda;

il lavoratore può decidere al momento dell’assunzione o in qualsiasi fase successiva di aderire al fondo pensione; da quel momento l’azienda verserà il TFR nella previdenza complementare.

Il modulo di adesione, debitamente compilato e firmato, deve essere consegnato al datore di lavoro, che si occuperà di tutti gli adempimenti successivi per perfezionare l’iscrizione al fondo.

Leggi anche il nostro approfondimento I vantaggi dell'adesione esplicita al Fondo Pensione

I vantaggi del TFR al fondo pensione

Scegliere di destinare il proprio TFR al fondo pensione consente di accedere a una serie di vantaggi interessanti e operativi fin dal primo istante, basti pensare alle deduzioni fiscali annuali.

Di seguito l’elenco delle agevolazioni e dei vantaggi che rendono l’iscrizione a un fondo pensione negoziale, come Priamo, la scelta migliore per il proprio futuro:

Tutti vantaggi che vanno valutati con attenzione e, nel caso delle agevolazioni fiscali e dei rendimenti a lungo termine, misurati in modo da quantificare finanziariamente la convenienza della scelta del fondo pensione. In particolare, come attestato dalla Relazione COVIP 2021, nel lungo periodo i rendimenti generati dai fondi pensione risultano essere superiori alla rivalutazione del TFR lasciato in azienda.

Leggi anche il nostro approfondimento Rivalutazione TFR o gestione fondo pensione: quale conviene?

Come spostare il TFR dall’azienda al fondo pensione

Chi ha scelto di lasciare il TFR in azienda, può in qualsiasi momento cambiare idea e iscriversi a un fondo pensione.

A quest’ultimo verrà versato il TFR maturato dal momento della scelta in poi, mentre per il TFR accantonato fino a quel momento occorre fare dei distinguo.

In effetti si può conferire al fondo pensione anche il TFR pregresso, attraverso un accordo tra il lavoratore e il datore di lavoro che acconsente al versamento delle quote al fondo pensione.

Ma questa possibilità dipende, ancora una volta, dalle dimensioni dell’azienda.

Chi lavora in un’azienda con meno di 50 dipendenti può, a seguito dell’accordo con il datore di lavoro, ottenere che il pregresso confluisca nella propria posizione individuale nel fondo pensione.

Nel caso di imprese con più di 50 dipendenti, invece, c’è un limite temporale:

Detto questo, è sempre meglio optare per la destinazione alla previdenza complementare quanto prima, magari fin dal primo impiego e in giovane età, in modo da sfruttare al massimo i vantaggi derivanti dall’adesione a un fondo pensione negoziale, avendo a disposizione un orizzonte temporale ampio.

Leggi anche il nostro approfondimento TFR in azienda o in un fondo pensione: come scegliere?

  • i fondi negoziali, che sono tra le forme di previdenza complementare, sono gli strumenti studiati e normati per raggiungere l’obiettivo di costruire una pensione integrativa;
  • la normativa stringente e un articolato sistema di controlli rappresentano una rete di protezione per chi decide di destinare i propri risparmi e il TFR alla previdenza complementare;
  • se, oltre al conferimento del TFR, il lavoratore decide di versare un contributo proprio, questo gli dà diritto a ricevere anche il contributo aggiuntivo del datore di lavoro, che va a incrementare la sua posizione individuale. Si tratta di un importante vantaggio riservato solo agli iscritti a un fondo pensione negoziale;
  • fin da subito si ha l’opportunità di dedurre fiscalmente i contributi versati, fino a un importo massimo di 5.164,57 euro annui: un beneficio non da poco, che lo Stato riconosce ai fondi pensione negoziali quale secondo pilastro del sistema previdenziale, accanto a quello pubblico e a quello individuale;
  • costi di gestione contenuti, dal momento che i fondi negoziali come Priamo non hanno scopo di lucro e operano nell’esclusivo interesse dei soggetti iscritti;
  • la tassazione del TFR conferito nel fondo pensione va dal 15 al 9% a seconda degli anni di permanenza nel fondo stesso, mentre l’aliquota minima applicata al TFR lasciato in azienda è pari al 23%;
  • il trattamento fiscale dei rendimenti da fondo pensione è pari al 12,5% per gli investimenti in titoli di Stato e al 20% per tutti gli altri impieghi, a fronte del 26% applicato alle altre tipologie di investimento dei propri risparmi;
  • in caso di richiesta di anticipazione o liquidazione, l’importo erogato dal fondo pensione sarà maggiore, in quanto oltre alla quota di TFR sarà possibile beneficiare della quota a carico del lavoratore e a carico dell’azienda. Inoltre, soltanto il TFR conferito al fondo consente di chiedere un’anticipazione del 30% per spese diverse da quelle mediche o di acquisto/ristrutturazione prima casa.

Tutti vantaggi che vanno valutati con attenzione e, nel caso delle agevolazioni fiscali e dei rendimenti a lungo termine, misurati in modo da quantificare finanziariamente la convenienza della scelta del fondo pensione. In particolare, come attestato dalla Relazione COVIP, nel lungo periodo i rendimenti generati dai fondi pensione risultano essere superiori alla rivalutazione del TFR lasciato in azienda.

Leggi anche il nostro approfondimento Rivalutazione TFR o gestione fondo pensione: quale conviene?

Come spostare il TFR dall’azienda al fondo pensione

Chi ha scelto di lasciare il TFR in azienda, può in qualsiasi momento cambiare idea e iscriversi a un fondo pensione.

A quest’ultimo verrà versato il TFR maturato dal momento della scelta in poi, mentre per il TFR accantonato fino a quel momento occorre fare dei distinguo.

In effetti si può conferire al fondo pensione anche il TFR pregresso, attraverso un accordo tra il lavoratore e il datore di lavoro che acconsente al versamento delle quote al fondo pensione.

Ma questa possibilità dipende, ancora una volta, dalle dimensioni dell’azienda.

Chi lavora in un’azienda con meno di 50 dipendenti può, a seguito dell’accordo con il datore di lavoro, ottenere che il pregresso confluisca nella propria posizione individuale nel fondo pensione.

Nel caso di imprese con più di 50 dipendenti, invece, c’è un limite temporale:

  • è possibile far confluire nel fondo pensione solo quanto accantonato prima del 2007;
  • non è invece possibile trasferire l’importo accantonato nel Fondo di Tesoreria INPS a partire dal 2007.

Detto questo, è sempre meglio optare per la destinazione alla previdenza complementare quanto prima, magari fin dal primo impiego e in giovane età, in modo da sfruttare al massimo i vantaggi derivanti dall’adesione a un fondo pensione negoziale, avendo a disposizione un orizzonte temporale ampio.

Leggi anche il nostro approfondimento TFR in azienda o in un fondo pensione: come scegliere?

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