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Chi paga il TFR al dipendente se l’azienda fallisce?

Decidere come gestire i propri risparmi spinge a porsi una serie di quesiti sul futuro. Uno di questi riguarda il pagamento del TFR lasciato in azienda se l’azienda fallisce.

In questo articolo scopriremo dunque cosa succede al TFR in caso di fallimento del datore di lavoro, cos’è il Fondo di Garanzia INPS per il TFR e i crediti di lavoro e come funziona, come fare domanda per recuperare il proprio TFR in caso di fallimento dell’azienda e, infine, quali sono le tutele previste in questo caso per i lavoratori che scelgono di conferire il proprio TFR in un fondo pensione negoziale.

Cosa succede al TFR se l’azienda fallisce?

Quando si decide se lasciare o meno il proprio TFR in azienda, uno dei dubbi riguarda la possibilità di fallimento dell’azienda. Infatti, chi decide di lasciare il TFR in azienda consente al datore di lavoro di trattenere una cifra mensile che viene accumulata, rivalutata e che poi deve essere corrisposta al lavoratore:

  • al momento della fine del rapporto di lavoro;
  • nei casi particolari in cui il lavoratore richiede un’anticipazione.

Ma chi paga il TFR in caso di fallimento dell’azienda?

A tutela dei lavoratori esiste il Fondo di garanzia del TFR e dei crediti di lavoro, istituito presso l’INPS, che attraverso una procedura attivabile direttamente dal lavoratore o da un suo legale, consente di accedere all’importo accumulato nel corso del periodo lavorativo presso il soggetto fallito.

Cos’è il Fondo di Garanzia del TFR e dei crediti di lavoro INPS?

Il Fondo di garanzia del TFR e dei crediti di lavoro è stato istituito con la legge n. 297/1982 proprio al fine di pagare il TFR maturato dal lavoratore in sostituzione del datore di lavoro insolvente, ad esempio perché fallito.

Oltre al TFR, il Fondo consente al lavoratore di recuperare anche le retribuzioni maturate negli ultimi tre mesi del rapporto, nel caso non siano state saldate.

Questo Fondo è finanziato attraverso un contributo a carico dei datori di lavoro calcolato applicando l’aliquota dello 0,20% alla retribuzione imponibile di ciascun dipendente. Nel caso dei dirigenti delle aziende industriali, il contributo sale poi allo 0,40% della retribuzione imponibile.

L'intervento del Fondo di garanzia può essere richiesto da tutti i lavoratori dipendenti delle imprese tenute al versamento del contributo, inclusi gli apprendisti, che abbiano cessato un rapporto di lavoro subordinato. Dal 1° luglio 1997, l’accesso al Fondo è stato esteso anche ai soci di cooperative di lavoro.

La richiesta spetta anche agli eredi del lavoratore (coniuge e figli e, se viventi a carico, parenti entro il terzo grado e affini entro il secondo) e ai cessionari a titolo oneroso del TFR. In questo caso parliamo delle società finanziarie con le quali è in corso la cessione del quinto dello stipendio, operazione normalmente garantita proprio con il TFR.

Leggi anche il nostro approfondimento Come funziona la cessione del quinto

Come funziona il Fondo di Garanzia per il TFR?

I requisiti per l’accesso al Fondo di Garanzia per il TFR sono i seguenti:

  • cessazione del rapporto di lavoro subordinato;
  • accertamento dello stato d'insolvenza da parte del datore di lavoro e apertura di una procedura di fallimento;
  • accertamento dell'esistenza del credito a titolo di TFR e/o delle ultime tre mensilità del lavoratore.

L'accertamento del fallimento avviene attraverso l'ammissione del credito nello stato passivo della procedura. Questo passaggio serve a quantificare l’importo che poi verrà erogato dal Fondo di Garanzia; parliamo della procedura alla quale partecipano i creditori di un’impresa che ha dichiarato fallimento e che serve per rientrare tra gli aventi diritto a essere rimborsati del proprio credito, in tutto o in parte.

Se, dopo l'avvio del fallimento, il tribunale stabilisce che l’impresa fallita non ha un patrimonio su cui i creditori possano rivalersi, il lavoratore potrà richiedere l'intervento del Fondo di garanzia.

Come ottenere il TFR dal Fondo di Garanzia INPS

La domanda di accesso al Fondo di Garanzia del TFR deve essere inviata esclusivamente attraverso i seguenti canali:

  • online attraverso i servizi telematici INPS, accessibili mediante SPID;
  • CAF e patronati, attraverso i servizi telematici offerti dagli stessi;
  • contact center INPS, chiamando il numero 803.164, gratuito da telefono fisso, e il numero 06.164.164 da cellulare, a pagamento in base alla tariffa applicata dai diversi gestori.

Alla domanda occorre allegare:

  • copia autentica dello stato passivo esecutivo (anche per estratto), documento non necessario se il responsabile del fallimento o la cancelleria del tribunale abbiano provveduto a trasmettere all’INPS una copia in formato digitale;
  • dichiarazione sostitutiva del certificato del tribunale che attesta che il credito non è stato oggetto di opposizione o di impugnazione;
  • modello SR52 debitamente compilato e firmato dal responsabile del fallimento; in caso di comprovato rifiuto di compilazione, le informazioni utili alla liquidazione dovranno essere fornite direttamente dal lavoratore attraverso opportuna documentazione, come l’istanza di ammissione al passivo completa di documentazione e il modello SR54;
  • copia autentica del decreto che ha deciso l’eventuale azione di opposizione o impugnazione;
  • copia della domanda di ammissione al passivo.

TFR e Fondo Pensione

Lasciare il TFR in azienda, dunque, espone il lavoratore al rischio di fallimento dell’azienda, con tutto ciò che comporta in termini di sforzi per recuperare il proprio credito. Anche per questo, la scelta di conferire il TFR a un fondo pensione negoziale è una soluzione più vantaggiosa.

Destinare il TFR a un fondo pensione negoziale, come Priamo, consente infatti al lavoratore di contare su un impianto normativo e di vigilanza pensato per offrire la massima tutela dei risparmi destinati alla previdenza complementare.

E se il datore di lavoro fallito non ha versato, in tutto o in parte, TFR e contributi al fondo pensione, come previsto in caso di adesione del lavoratore?

In questo caso esiste il Fondo di garanzia per la posizione previdenziale complementare dell’INPS, che tutela il risparmio dei lavoratori dipendenti nel caso in cui le aziende per cui lavorano non abbiano adempiuto ai versamenti previsti, non alimentando dunque la posizione individuale del lavoratore presso il fondo pensione.

Dunque, chi aderisce alla previdenza complementare accede a una doppia tutela in caso di fallimento:

  • se l’azienda ha sempre versato, il lavoratore non dovrà recuperare alcunché perché il risparmio sarà confluito nella posizione individuale aperta nel fondo;
  • se l’azienda non ha mai versato o lo ha fatto parzialmente, il lavoratore può attivare una procedura analoga a quella che abbiamo visto in caso di fallimento dell’azienda presso cui è stato lasciato il TFR.

Ricordiamo inoltre che chi aderisce a un fondo pensione negoziale come Priamo, accede ai seguenti vantaggi:

  • crea una pensione integrativa utile a mantenere il proprio tenore di vita anche dopo il pensionamento;
  • beneficia di vantaggi fiscali sia in fase di contribuzione, sia in quelle di gestione e prestazione;
  • a fronte di un contributo proprio, oltre al TFR, ha diritto al contributo aggiuntivo del datore di lavoro;
  • accede alla previdenza complementare con costi contenuti, dal momento che i fondi pensione negoziali non hanno scopo di lucro e operano nell’interesse dei propri iscritti.

Leggi anche il nostro approfondimento Omissione contributiva: se l'azienda non versa i contributi al Fondo Pensione

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