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Cos'è e come funziona la previdenza complementare

22/10/2020

Investire in un piano di previdenza complementare è una decisione importante a protezione del proprio futuro.

Significa pianificare, oggi, il proprio tenore di vita negli anni del pensionamento, tutelandosi da una riduzione delle entrate mensili nel passaggio dal lavoro alla pensione.

Cos’è la previdenza complementare?

Vediamo insieme come funziona e quali sono i vantaggi che essa comporta, anche nell’immediato (se si pensa al trattamento fiscale dei versamenti).

La previdenza complementare rappresenta una integrazione facoltativa della previdenza obbligatoria.

Ci riferiamo, s’intende, ai contributi INPS che danno diritto alla pensione al raggiungimento dei requisiti previsti dalla legge.

È importante sottolineare che la previdenza complementare non può in alcun modo sostituire quella obbligatoria, ma soltanto affiancarla, per questo si chiama anche integrativa.

In sostanza, si tratta di integrare la pensione futura, aggiungendo una rendita alla pensione INPS che spetta al termine del lavoro.

Previdenza obbligatoria in Italia

Prima di vedere come funziona la previdenza complementare, approfondiamo insieme come funziona attualmente il sistema pensionistico italiano, dal momento che il suo funzionamento sta alla base del motivo più importante per scegliere la previdenza complementare: integrare un assegno pensionistico che potrebbe non consentire al pensionato di mantenere il proprio stile di vita, una volta congedato dal lavoro.

Sistema a ripartizione

In genere i sistemi di previdenza pubblica funzionano con il meccanismo della ripartizione.

Cosa vuol dire? Semplificando, che chi oggi lavora versa dei contributi all’ente di previdenza. Queste somme non vengono conservate, ma sono utilizzate per pagare le pensioni di chi in quel momento non lavora più.

In altre parole, l’ente di previdenza non investe o accumula risorse, ma le trasferisce in forma di pensioni.

In cambio dei contributi versati, il lavoratore acquisisce il diritto, al momento in cui andrà in pensione, di ricevere una prestazione finanziata con i contributi versati dai lavoratori di domani.

Sistema di calcolo della pensione: il sistema contributivo

L’assegno pensionistico è determinato dai contributi versati nell’arco della carriera lavorativa, rivalutati in base alla crescita del Pil italiano.

La somma accumulata viene moltiplicata per un valore numerico, il coefficiente di trasformazione, per ottenere l’importo della pensione. Il coefficiente di trasformazione varia in base all'età anagrafica del lavoratore al momento del pensionamento in quanto tiene conto della speranza di vita media, incorporando il tasso di crescita del Pil di lungo periodo stimato dell'1,5 per cento. Più il lavoratore è anziano più alto sarà il coefficiente e, quindi, la pensione erogata.

I fattori determinanti della pensione sono in questo caso i contributi versati e l’età al pensionamento.

Ne consegue che il calcolo si “spalma” sull’intera vita lavorativa del soggetto interessato, ed eventuali buchi contributivi dovuti a fasi di disoccupazione, che possono ridurre ulteriormente l’importo percepito.

È bene ricordare, inoltre, come il fatto che si viva più a lungo e che vi siano sempre meno nascite, pone le basi per avere un paese con sempre più pensionati e meno lavoratori.

Questo fenomeno demografico ha portato ad avere, oggi, un assegno pensionistico meno generoso che in passato perché strettamente collegato all’età di pensionamento.

Ed è qui che entra in gioco la scelta di accedere anche alla previdenza complementare.

Come funziona la previdenza complementare?

La previdenza complementare ha delle differenze importanti con quella obbligatoria. Prima fra tutte è la capitalizzazione individuale.

Cosa vuol dire?

Con la capitalizzazione individuale i versamenti sono destinati a un conto personale del soggetto sottoscrittore, investiti e poi restituiti, con i rendimenti maturati con gli investimenti, in forma di prestazione.

Si tratta inoltre di un’adesione su base volontaria, ed è gestita da soggetti ed enti di diritto privato che affidano, per legge con una gara pubblica, le risorse accumulate a gestori finanziari (banche, società di gestione del risparmio, compagnie di assicurazione) che materialmente investono le risorse nei mercati finanziari.

Gli investimenti in azioni, obbligazioni, titoli di Stato, quote di fondi comuni d'investimento ecc, sono effettuati dai Gestori specializzati in base alle indicazioni strategiche indicate del Fondo pensione e nel rispetto delle norme di legge, con l’obiettivo di ricavarne i rendimenti che si sommeranno al capitale investito per generare la rendita integrativa della pensione.

Giunto al pensionamento l’aderente ottiene la rendita derivante dalla previdenza complementare o, a determinate condizioni, l’intero capitale o parte di esso.

L’attività dei fondi pensione è controllata da un’autorità di vigilanza indipendente, la Covip - Commissione di vigilanza sui fondi pensione.

Chi può aderire alla previdenza complementare?

A differenza di quanto accade con i contributi previdenziali tradizionali (INPS, Gestione Separata, Casse e Enti, ecc.), non esistono soggetti esclusi dalla possibilità di aderire alla previdenza complementare.

Infatti, possono accedervi:

  • lavoratori dipendenti privati;
  • lavoratori dipendenti pubblici;
  • lavoratori autonomi (artigiani e commercianti);
  • liberi professionisti;
  • lavoratori con contratti atipici (ad esempio lavoratori occasionali);
  • soggetti fiscalmente a carico;
  • soggetti che non svolgono un’attività lavorativa.

Previdenza complementare e TFR

I lavoratori dipendenti del settore privato, al momento dell’assunzione, hanno sei mesi di tempo per decidere se destinare il proprio TFR al fondo pensione di categoria (fondo negoziale di riferimento o altro fondo individuato dalla contrattazione collettiva). oppure lasciarlo presso l’azienda.

Nel caso in cui il lavoratore non fornisca alcuna indicazione, il suo TFR sarà versato automaticamente al fondo pensione in un comparto con la garanzia di restituzione delle somme versate.

Il lavoratore, successivamente, in qualsiasi momento, potrà decidere di versare altri contributi e/o cambiare il comparto di investimento (switch).

I vantaggi della previdenza complementare

Abbiamo già individuato un fondamentale motivo per scegliere la previdenza complementare: le riforme del sistema pensionistico obbligatorio negli ultimi 25 anni, che hanno purtroppo assottigliato gli assegni pensionistici INPS.

Ma ci sono altri ottimi motivi per aderire, che esulano dal trattamento pensionistico pubblico.

Per comprenderli appieno, ci soffermeremo sui vantaggi derivanti dall’adesione al Fondo Pensione Priamo - riservato ai lavoratori dipendenti addetti ai servizi di Trasporto Pubblico e ai lavoratori dei settori affini.

Perché aderire a Fondo Priamo

L’adesione al fondo pensione Priamo offre numerosi vantaggi, non solo fiscali (ai quali ci dedicheremo più avanti).

Infatti, diventare socio del fondo pensione Priamo consente di:

  • garantirsi una pensione complementare a quella INPS;
  • godere del contributo del datore di lavoro (versando anche un proprio contributo);
  • beneficiare di un maggior rendimento rispetto al TFR;
  • godere di una maggiore tutela previdenziale.

Vediamo, ora, gli interessanti vantaggi fiscali della previdenza complementare, e del Fondo Priamo in particolare, in vigore dal 1° gennaio 2007.

Fase di contribuzione

Si tratta di un vantaggio immediato, per cui non occorre attendere il pensionamento.

I contributi versati per la pensione complementare sono deducibili dal reddito IRPEF.

Questo significa che vanno a ridurre l’importo del reddito su cui vengono determinate le imposte annuali.

La deduzione ha un tetto massimo annuale pari a 5.164,57 euro.

Fase di gestione

I rendimenti maturati nel corso della gestione dei versamenti subiscono un prelievo fiscale tramite imposta sostitutiva pari al:

  • 12,5% sui rendimenti da Titoli di Stato;
  • 20% sui rendimenti da altri impieghi.

Se non hai grande dimestichezza con questi temi, ti basti pensare che tutte le altre tipologie di rendimenti finanziari subiscono un’imposizione minima del 26%.

Fase della prestazione

Le prestazioni finali per i lavoratori del settore privato, sia in forma di rendita che di capitale, vengono tassate con un’aliquota del 15% che si riduce dello 0,30% all’anno per ogni anno di permanenza nel fondo pensione oltre il quindicesimo, fino ad un’aliquota minima del 9%.

A tal proposito è bene ricordare come la tassazione separata prevista per il Tfr – la vecchia liquidazione – è spesso almeno pari al 24% (vedi il post fatto qui link al precedente articolo ).

Dopo 30 anni di accumulazione, ipotizzando una somma lorda di 50.000 euro avremo la seguente situazione:

  • Nel caso in cui la somma fosse in Priamo, le imposte da pagare ammonterebbero a 5.400 euro, ovvero il 10,8%
  • Nel caso in cui la somma fosse il Tfr in azienda, le imposte da pagare ammonterebbero ad almeno 12.000 euro, ovvero il 24%

Ricordiamo, infine, che restano escluse da questa tassazione di favore:

  • i contributi non dedotti in fase di contribuzione;
  • le quote di contributi eccedenti il limite di deducibilità, sempre in fase di contribuzione;
  • i rendimenti maturati tassati in fase di versamento/maturazione.

Approfondisci tutti i benefici derivanti dall’adesione a Fondo Priamo consultando la nostra pagina dedicata, qui.

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