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Flessibilità in uscita per le pensioni: quali sono le varie opzioni

Con l’espressione “flessibilità in uscita” si fa riferimento alle varie opzioni disponibili, per lavoratori e lavoratrici, per poter andare in pensione prima dei termini previsti dalla legge.

Esercitare la flessibilità in uscita dipende dalla normativa in vigore e dalle relative modifiche che si susseguono negli anni, per cui è molto importante essere sempre aggiornati circa le opportunità fornite a chi è prossimo alla pensione e vorrebbe congedarsi dal mercato del lavoro in anticipo, per qualsiasi motivo, sia esso personale, lavorativo, aziendale o altro.

In questo articolo andremo a vedere nel dettaglio cos’è la flessibilità in uscita, quali sono le varie opzioni di anticipo pensionistico offerte alle lavoratrici e ai lavoratori dalla normativa vigente e quali potrebbero essere le novità introdotte dalla legge di Bilancio 2023 che verrà approvata entro la fine del 2022.

Infine scopriremo che, in un quadro in costante evoluzione qual è quello del sistema pensionistico pubblico italiano, la previdenza complementare, e in particolare i fondi pensione negoziali, possono fornire delle garanzie in più a chi decide di aderire.

Cos’è la flessibilità in uscita?

Quando parliamo di flessibilità in uscita in tema di pensioni ci riferiamo alle diverse opportunità di congedarsi dal mercato del lavoro in anticipo rispetto ai termini fissati per legge, tenendo conto delle proprie esigenze personali, delle peculiarità del proprio lavoro o del settore in cui si opera, del genere (come vedremo), degli anni di lavoro e dei contributi accreditati.

In sostanza, si tratta di tutte quelle possibilità di anticipare il congedo dal lavoro, oppure di ritardarlo, magari al fine di prolungare la fase lavorativa per questioni personali oppure economiche.

Ricordiamo, infatti, che con il calcolo contributivo della pensione l’assegno si determina sulla base dei contributi versati nel corso della vita lavorativa e non più in base all’ultima retribuzione, penalizzando finanziariamente i pensionati.

Opzioni di flessibilità in uscita per le pensioni

I lavoratori hanno diverse opzioni per attivare la flessibilità in uscita, a seconda della propria situazione lavorativa e personale; con la normativa vigente, però, è possibile andare in pensione se si è in possesso di almeno uno di questi requisiti:

  • 67 anni di età anagrafica e un minimo di contribuzione pari a 20 anni;
  • meno di 67 anni di età ma un’anzianità contributiva pari a 43 anni e 3 o 4 mesi per gli uomini e a 42 anni e 3 o 4 mesi per le donne.

Vediamo, dunque, quali sono le opportunità di anticipare l’uscita dal mondo del lavoro in vigore nel 2022.

1. Pensione anticipata

Come detto, chi non ha l’età anagrafica per andare in pensione può comunque farlo se ha versato contributi pari a 43 anni e 3 o 4 mesi per gli uomini e 42 anni e 3 o 4 mesi per le donne.

La pensione anticipata consente di lasciare il lavoro 5 mesi prima del previsto, dunque:

  • 42 anni e 10 mesi per gli uomini;
  • 41 anni e 10 mesi per le donne.

2. Ape sociale

L’Ape sociale, dove Ape sta per Anticipo Pensionistico, è una opzione concessa a particolari categorie, quali:

  • disoccupati;
  • caregiver, cioè persone che da almeno 6 mesi si prendono cura di una persona non autosufficiente;
  • lavoratori con invalidità pari o superiore al 74%.

Di seguito i requisiti per fare richiesta:

  • 63 anni di età anagrafica;
  • 30 anni di contributi.

Può accedere all’Ape sociale anche chi esercita un mestiere considerato gravoso. In questo caso, cambia il requisito contributivo, che sale a 36 anni.

3. Lavoratori precoci

Questa opzione riguarda coloro che hanno iniziato a lavorare da giovanissimi, dunque ben prima di compiere 20 anni.

L’opportunità è quella di andare in pensione con 41 anni di contributi nel caso in cui il lavoratore sia in possesso di 12 mesi di contribuzione effettiva maturata prima del compimento dei 19 anni di età.

4. Opzione donna

Opportunità di andare in pensione anticipata che riguarda le sole lavoratrici, partendo dal presupposto che si tratta delle persone su cui pesa maggiormente il carico familiare di cura di bambini, anziani e disabili.

Le donne possono andare in pensione con:

  • 58 anni di età per le lavoratrici dipendenti (59 per le autonome);
  • 35 anni di contributi.

Esercitando l’opzione, tuttavia, si accetta un assegno calcolato esclusivamente con il metodo contributivo, che rispetto al misto (contributivo e retributivo) comporta una penalizzazione economica su cui fare le dovute riflessioni.

5. Quota 102

Con Quota 102 il pensionamento può essere richiesto nel caso in cui sussistano contemporaneamente i seguenti requisiti:

  • 64 anni di età anagrafica;
  • 38 anni di contributi.

Il termine Quota 102 non è altro, quindi, che la somma dei 64 anni di età e dei 34 anni di contributi necessari per andare in pensione.

6. Isopensione

Con il termine Isopensione parliamo in buona sostanza dell’esodo dei lavo­ratori anziani, riservato soltanto alle aziende che occupano mediamente più di 15 dipendenti, a seguito di un accordo raggiunto tra azienda, INPS e Sindacati dei lavoratori.

Siglato l’accordo, i lavoratori possono contare su un anticipo fino a un massimo di 4 anni, che fino al 2023 salgono a 7, con costi e contributi figurativi a carico delle aziende.

7. Contratto di espansione

Anche in questo caso parliamo di un’opzione che coinvolge le aziende, purché abbiano più di 50 dipendenti. Si tratta della possibilità di anticipare la pensione di 5 anni grazie a contratti di espansione, finalizzati a promuovere il ricambio generazionale. L’azienda assume giovani per “compensare” l’uscita anticipata dei lavoratori anziani.

Di seguito i requisiti previsti e alternativi fra loro:

  • 37 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini, 36 anni e 10 mesi per le donne;
  • 62 anni di età e 20 di contributi, indipendentemente dal genere del lavoratore.

Flessibilità in uscita per le pensioni: il requisito contributivo

Per raggiungere il requisito contributivo necessario per accedere alla pensione, è possibile sommare ai contributi da lavoro anche quelli relativi a:

  • riscatto di laurea;
  • accrediti gratuiti del servizio militare:
  • contribuzione figurativa in caso di NASPI (disoccupazione);
  • periodi di maternità.

Inoltre, si può accedere al cumulo contributivo gratuito, la possibilità cioè di sommare tra di loro i contributi versati in tutte le gestioni INPS (lavoro subordinato, gestione artigiani e commercianti ecc.) e nelle Casse professionali, solo a condizione che i periodi cumulati non siano coincidenti tra loro.

Infine, per chi ha lavorato anche all’estero, possono essere conteggiati anche i contributi versati in altro Paese UE, o extra UE, a patto che sia stata siglata una convenzione internazionale in materia di sicurezza sociale con gli Stati coinvolti.

Legge di Bilancio 2023: quali novità?

Mentre scriviamo questo articolo è in corso l’iter della Legge di Bilancio 2023, che si chiuderà entro il 31 dicembre 2022.

Tra i provvedimenti in discussione, alcuni riguardano proprio la flessibilità in uscita e alcune delle opzioni illustrate nel paragrafo precedente.

In particolare, si sta discutendo delle seguenti proposte.

1. Quota 103

Dopo Quota 100 e Quota 102, il 2023 potrebbe vedere applicata Quota 103, ovvero la possibilità di andare in pensione in anticipo se in possesso dei seguenti requisiti contemporaneamente:

  • almeno 62 anni di età anagrafica;
  • almeno 41 anni di contributi.

Chi ha diritto a Quota 103, potrebbe optare per 3 soluzioni:

  1. ignorare l’opzione e continuare a lavorare, versando i contributi fino al naturale raggiungimento dell’età pensionabile;
  2. esercitare l’opzione e andare in pensione;
  3. certificare l’importo della pensione che otterrebbe accedendo a Quota 103, continuare a lavorare e ottenere un premio in busta paga.

Spieghiamo meglio quest’ultimo passaggio. Chi farà questa scelta determinerà il suo assegno pensionistico in base ai conteggi di Quota 103, ma continuerà a lavorare. Sia il lavoratore che il datore di lavoro, però, non verseranno più i contributi. Questo comporterà per il lavoratore l’ottenimento di un premio in busta paga pari al 33% dei contributi a suo carico che normalmente vengono trattenuti e versati all’INPS.

In attesa che la Legge di Bilancio venga approvata definitivamente, il nostro consiglio è di fare tutti i conteggi del caso e le opportune valutazioni personali per comprendere la convenienza o meno delle diverse opzioni.

2. Opzione donna

Opzione donna è oggetto di grandi discussioni. Infatti, non dovrebbe più riguardare tutte le lavoratrici che hanno almeno 58 anni (59 per le autonome) con 35 di contributi, come previsto nel 2022, ma l'età salirebbe a 60 anni, scendendo a 59 per le donne con un figlio e a 58 con almeno due figli.

Questa riduzione, destinata a chi ha figli, si attiverebbe soltanto in due casi specifici:

  • donne licenziate;
  • dipendenti di un'azienda per la quale è stato aperto un tavolo di crisi.

In ogni caso, con figli o senza, nel caso le proposte sopra menzionate dovessero diventare operative chi sceglie Opzione donna deve essere in una condizione di bisogno, nello specifico:

  • assistere, al momento della richiesta e da almeno sei mesi, il coniuge o un parente convivente con disabilità grave;
  • essere invalida civile almeno al 74%.

Queste le principali novità in cantiere però, come detto, il nodo pensioni è ancora da sciogliere nel corso dell’iter della Legge di Bilancio. Pare comunque che saranno confermate le regole legate all’Ape sociale.

Flessibilità in uscita e fondi pensione: l’opzione RITA

Oltre alle opzioni offerte dalla previdenza pubblica che, come abbiamo visto, variano di anno in anno con un elevato grado di incertezza, chi sceglie di aderire alla previdenza complementare (ad esempio iscrivendosi al Fondo Priamo) può innanzitutto integrare l’assegno pensionistico statale, tutelando il proprio tenore di vita. Inoltre, chi ne possiede i requisiti può richiedere un vero e proprio anticipo pensionistico.

Parliamo della Rendita Integrativa Temporanea Anticipata (RITA), offerta ai lavoratori privati e pubblici iscritti alla previdenza complementare, in presenza di determinati requisiti:

  • cessazione dell’attività lavorativa;
  • raggiungimento dell’età anagrafica per la pensione di vecchiaia entro i 5 anni successivi alla richiesta;
  • maturazione del requisito contributivo di almeno 20 anni;
  • maturazione di cinque anni di partecipazione al Fondo.

In alternativa, la RITA è riconosciuta ai lavoratori con i seguenti requisiti:

  • inoccupazione, successiva alla cessazione dell’attività lavorativa, per un periodo di tempo superiore a 24 mesi;
  • raggiungimento dell’età anagrafica per la pensione di vecchiaia entro i 10 anni successivi;
  • maturazione di cinque anni di partecipazione al Fondo.

Vista l’incertezza, sia in termini di tempistiche sia per quanto concerne gli importi degli assegni pensionistici pubblici, scegliere di aderire al Fondo Priamo mette un punto fermo e stabile sul proprio futuro, fornendo opportunità maggiori di tutelare il tenore di vita degli iscritti una volta pensionati.

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