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Quanti tipi di pensione esistono in Italia?

Sono diversi i tipi di pensione erogati dal sistema pubblico italiano. Ogni prestazione pensionistica dipende da numerose caratteristiche, prime fra tutte l’età del pensionando e gli anni di contributi versati.

Ma non solo, l’assegno pensionistico e la sua erogazione possono dipendere anche da:

  • genere dell’avente diritto;
  • condizione di eventuale inabilità al lavoro;
  • situazione di necessità;
  • attività lavorative logoranti;
  • avvio precoce dell’attività lavorativa (prima di 19 anni).

Vediamo dunque quanti e quali tipi di pensione esistono e quale può essere il ruolo positivo della previdenza complementare, al fine di stabilizzare il momento del pensionamento e l’importo percepito.

Quanti tipi di pensione INPS esistono?

L’Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale (INPS), eroga diversi tipi di pensione sulla base di diverse caratteristiche degli aventi diritto.

In particolare, le prestazioni pensionistiche dipendono da:

  • gestione o fondo di appartenenza degli iscritti;
  • requisiti contributivi dell’avente diritto;
  • requisiti anagrafici;
  • genere di appartenenza;
  • eventuale inabilità.

Vediamo dunque una per una le prestazioni erogate dall’INPS, previste dalle leggi vigenti.

Pensione di vecchiaia

La pensione di vecchiaia è la prestazione pensionistica che si ottiene al raggiungimento dei 67 anni di età (requisito anagrafico che ha visto raggiungere la parità tra uomini e donne a partire dal 1° gennaio 2018).

Per chi ha almeno un contributo accreditato prima del 1996, l’accesso alla prestazione è garantito con almeno 20 anni di contributi e 64 anni di età. In questo caso l’importo della pensione è pari a 2,8 volte l’assegno sociale.

Per chi invece ha iniziato a versare i contributi dopo il 1° gennaio 1996, i requisiti diventano due:

  • 20 anni di versamenti contributivi;
  • l'importo della pensione deve essere pari ad almeno 1,5 volte l'assegno sociale, pari a 690,42 euro per il 2021.

Chi non rispetta quest’ultimo requisito, vede l’età per accedere alla prestazione innalzarsi a 71 anni, ma il requisito minimo contributivo scende a 5 anni.

La pensione di vecchiaia riguarda i lavoratori iscritti:

  • al Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti (FPLD);
  • alle gestioni speciali per i lavoratori autonomi (artigiani, commercianti, coltivatori diretti, coloni e mezzadri);
  • alla Gestione Separata.

Pensione anticipata

La pensione anticipata è l’opportunità dei medesimi lavori elencati per la pensione di vecchiaia di accedere alla prestazione pensionistica prima dei 67 anni.

L’opzione non è infatti legata all’età anagrafica, ma agli anni contributivi.

In dettaglio, per la pensione anticipata nel 2021 sono richiesti:

  • 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini;
  • 41 anni e 10 mesi di contributi per le donne.

Inoltre, chi rientra nel sistema interamente contributivo (ha iniziato a versare i contributi dal 1996) ha un’opzione di pensione anticipata in più e può ritirarsi dal lavoro con 64 anni di età e 20 anni di contributi, ma deve aver maturato un assegno previdenziale di importo pari o superiore a 2,8 volte l’assegno sociale (1.288,78 euro nel 2021).

Lavoratori precoci

Si tratta di una prestazione economica dedicata a coloro che hanno iniziato a versare i contributi prima del 19° anno di età, da qui la definizione di lavoratori precoci.

La possibilità di ritirarsi anticipatamente si ottiene, tramite espressa domanda, se sussistono i seguenti requisiti:

  • si possono far valere 12 mesi di contribuzione effettiva antecedente al 19° anno di età;
  • raggiungono 41 anni di contribuzione entro il 31 dicembre 2026.

Pensione di anzianità

La pensione di anzianità è stata soppressa a partire dal 1° gennaio 2012 dalla Riforma Fornero.

Tuttavia, fino al 31 dicembre 2011, il diritto alla pensione di anzianità si perfezionava al raggiungimento di una quota data dalla somma tra l'età anagrafica minima richiesta e almeno 35 anni di contributi.

Chi ha diritto alla pensione di anzianità, se soddisfa i requisiti alla data del 31 dicembre 2011, continua a usufruirne o può richiederla ancora oggi secondo i limiti, i requisiti e le modalità previste dalla legge.

Opzione donna

La pensione Opzione donna è un beneficio che consente alle lavoratrici di ottenere la pensione di anzianità con requisiti anagrafici più favorevoli.

Si tratta di un regime sperimentale che è stato nuovamente prorogato per il 2021.

Le lavoratrici che decideranno di aderirvi nel 2021, dovranno aver maturato entro il 31 dicembre 2020 i seguenti requisiti:

  • 58 anni di età se dipendenti, 59 per le lavoratrici autonome;
  • 35 anni di contributi.

Vanno aggiunte le finestre di accesso, che continuano a essere di 12 mesi per le lavoratrici dipendenti e 18 mesi per le autonome.

Occorre precisare che il diritto all’opzione si “cristallizza”, questo significa che chi ha raggiunto i requisiti entro i termini previsti può fare la sua scelta anche negli anni successivi al 2021.

L’assegno pensionistico però potrebbe subire un taglio anche a doppia cifra rispetto alla prestazione ordinaria, dal momento che l’assegno viene ricalcolato interamente con il sistema contributivo.

Su quest’ultimo tema leggi il nostro articolo Qual è la differenza tra pensione contributiva e retributiva.

Quota 100

Quota 100 è una prestazione pensionistica adottata in via temporanea tra il 1° gennaio 2019 e il 31 dicembre 2021, che consente ai lavoratori dipendenti e autonomi di giungere alla pensione in anticipo rispetto a quanto stabilito per la pensione di vecchiaia se si rispettano contemporaneamente i seguenti requisiti:

  • almeno 38 anni di contributi;
  • un’età anagrafica minima di 62 anni.

A queste due condizioni si aggiungono tre mesi di finestra per i lavoratori privati e sei per i pubblici.

Questa opzione riguarda i lavoratori iscritti:

  • all’Assicurazione Generale Obbligatoria (AGO), inclusi Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti (FPLD) e gestioni speciali per i lavoratori autonomi (artigiani, commercianti, coltivatori diretti, coloni e mezzadri);
  • alle forme sostitutive ed esclusive dell’AGO, gestite dall’INPS;
  • alla Gestione Separata.

Come detto, si tratta di un’opportunità temporanea che si esaurisce al 31 dicembre 2021. Ricordiamo tuttavia che la circolare INPS numero 11/2019 chiarisce che:

“I lavoratori che perfezionano i prescritti requisiti nel periodo compreso tra il 2019 ed il 2021 possono conseguire il trattamento pensionistico in qualsiasi momento successivo all’apertura della c.d. finestra.”

APE sociale

Confermata per tutto il 2021 la sperimentazione della cosiddetta APE sociale, si tratta di un’indennità corrisposta fino al conseguimento dei requisiti pensionistici illustrati nel paragrafo dedicato alla pensione di vecchiaia.

Riguarda soggetti che si trovano in particolari condizioni di necessità che maturano il requisito di età (63 anni e 5 mesi) tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2021.

Per accedere al beneficio, occorre rientrare in una delle categorie previste per legge:

  • disoccupati che da almeno 3 mesi abbiano esaurito la prestazione per disoccupazione loro spettante;
  • lavoratori che assistono da almeno 6 mesi il coniuge o un parente di primo grado con disabilità grave;
  • lavoratori affetti da riduzione della capacità lavorativa almeno pari al 74%;
  • lavoratori che da almeno 6 degli ultimi 7 anni di lavoro, svolgono in maniera continuativa una delle 15 professioni difficoltose e rischiose previste dalla normativa.

Si richiede un’anzianità contributiva minima di 30 anni, a eccezione dell’ultima categoria per la quale la previsione sale a 36 anni.

Per le donne con figli è previsto una riduzione del requisito contributivo per l’accesso al beneficio, pari a 12 mesi per ciascun figlio, per un massimo di 24 mesi (si tratta della cosiddetta APE sociale donna).

Pensione di inabilità

La pensione di inabilità può essere richiesta dai lavoratori per i quali viene accertata l'assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa, a causa di infermità o difetto fisico o mentale.

La valutazione delle condizioni dell’avente diritto sono in capo alla Commissione Medica Legale dell'INPS, e il richiedente deve avere almeno 260 contributi settimanali (cinque anni di contribuzione e assicurazione) di cui 156 (tre anni di contribuzione e assicurazione) nel quinquennio precedente la data di presentazione della domanda.

Pensioni supplementari

Le pensioni supplementari sono prestazioni economiche erogate su richiesta del pensionato, per fare valere la contribuzione accreditata in una gestione diversa da quella in cui è divenuto titolare di pensione, nel caso in cui la contribuzione a detta gestione non sia sufficiente a perfezionare un diritto autonomo a pensione.

La pensione supplementare spetta anche ai familiari superstiti.

A seconda del soggetto che chiede il trattamento (se titolare di pensione o superstite) e dei requisiti richiesti, si distinguono tre tipi di pensione supplementare:

  • pensione supplementare di vecchiaia;
  • pensione supplementare di invalidità;
  • pensione supplementare ai superstiti.

Leggi anche il nostro approfondimento Cos'è e a chi spetta la pensione di reversibilità.

Supplemento di pensione

Si tratta di un’aggiunta all’assegno pensionistico liquidato all’avente diritto, nel caso in cui dopo la pensione quest’ultimo continui a contribuire poiché svolge ancora un’attività lavorativa.

L’INPS precisa che:

“I contributi successivi alla decorrenza del primo supplemento consentono la liquidazione di ulteriori supplementi. Il supplemento di pensione spetta ai titolari di pensione principale, di pensione supplementare o di assegno ordinario di invalidità.”

Pensione integrativa

Dopo questa lunga carrellata appare evidente che le pensioni erogate dal sistema pubblico sono molto articolate in termini di requisiti anagrafici e contributivi, e in molti casi detti requisiti vengono modificati nel tempo a seguito di riforme e di adeguamenti alla speranza di vita.

Tutto ciò rende instabile e incerto il momento del pensionamento e l’importo mensile che si andrà a ottenere.

Aderire a un fondo pensione è invece una scelta attiva del lavoratore, che può in questo modo:

  • integrare l’assegno che percepirà al termine della propria carriera lavorativa;
  • anticipare il momento di andare in pensione attraverso la RITA.

Esiste infatti l'opportunità di richiedere, prima del momento effettivo del pensionamento, una rendita temporanea denominata RITA (rendita integrativa temporanea anticipata).

Così facendo, il lavoratore ottiene un reddito mensile prima di giungere al pensionamento vero e proprio.

L'anticipo può essere chiesto soltanto se mancano 5 anni alla pensione di vecchiaia, a meno che non si sia inoccupati da almeno 24 mesi. In quest'ultimo caso l'anticipo può essere richiesto addirittura 10 anni prima.

Si può scegliere di convertire in RITA:

  • tutto il capitale accumulato nel fondo pensione;
  • solo una parte del capitale per poter poi richiedere la pensione integrativa con quella restante.

Leggi il nostro approfondimento RITA e lavoro: i chiarimenti della COVIP.

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