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Come si determina l'anzianità contributiva?

L'anzianità contributiva è il tempo associato al versamento dei contributi nel corso della vita lavorativa, utile a maturare il diritto alle pensioni di vecchiaia, invalidità e ai superstiti (la cosiddetta reversibilità).

Per accedere a queste forme pensionistiche pubbliche, e per calcolare l’importo degli assegni, occorre determinare appunto l’anzianità contributiva maturata.

In questo articolo vedremo perché è sempre più importante conoscere la propria anzianità contributiva e verificare che tutti i contributi vengano opportunamente conteggiati.

Scopriremo, poi, come viene calcolata l’anzianità contributiva e come controllare che sia tutto in ordine, soprattutto nei casi di carriere discontinue.

Analizzeremo quali sono le opportunità per incrementare l’anzianità contributiva e, infine, vedremo in che modo i fondi pensione possono supportare il reddito dei pensionati in un contesto di calcolo contributivo delle pensioni pubbliche.

Perché è importante conoscere l'anzianità contributiva?

L’anzianità contributiva, cioè il numero di anni in cui lavoratrici e lavoratori hanno versato i propri contributi al sistema pensionistico pubblico, è un dato sempre più importante, per due motivi in particolare:

  • serve a individuare il momento in cui si potrà andare in pensione;
  • è utile a determinare l’importo dell’assegno pensionistico.

La ragione dell’accresciuta importanza del dato è il passaggio della previdenza pubblica italiana dal metodo retributivo, che determinava l’assegno pensionistico sulla base dell’ultimo stipendio (tipicamente il più elevato dell’intera carriera lavorativa), a quello contributivo, che si basa sui contributi effettivamente versati nel tempo.

Un passaggio che, a parità di condizioni (tempo di lavoro e contributi versati), abbassa l’importo dell’assegno pensionistico.

Per approfondire questo argomento, leggi il nostro articolo Qual è la differenza tra pensione contributiva e retributiva

Oltre al passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo, poi, i governi che negli anni si sono succeduti hanno dovuto operare riforme che, tenendo conto dell’incremento della speranza di vita e del crollo delle nascite, hanno, di fatto, allontanato nel tempo il momento della pensione.

Ecco che, nel 2024, per accedere alla pensione di vecchiaia occorre avere 67 anni di età e almeno 20 anni di anzianità contributiva. Età e contributi che incidono anche su tutte le altre possibilità di anticipo pensionistico, quali ad esempio:

  • Quota 103, con 62 anni di età e 41 di contributi;
  • Opzione donna, con 59, 60 o 61 anni di età a seconda che la donna abbia o meno dei figli, e 35 anni di contributi;
  • APE sociale, con 63 anni e 5 mesi di età e 36 anni di contributi.

Sulle opportunità di anticipo pensionistico, leggi anche il nostro articolo Le novità sulle pensioni previste dalla Legge di Bilancio 2024

Inoltre, abbiamo detto che l’anzianità contributiva è requisito necessario anche per altre due tipologie di pensione:

  • pensione ai superstiti, cosiddetta reversibilità, a cui si accede con un minimo di 15 anni di anzianità contributiva, oppure con il versamento di contributi per almeno 5 anni, dei quali almeno 3 nel cinque antecedenti il decesso, a prescindere dall'età anagrafica del lavoratore deceduto;
  • pensioni di invalidità e di inabilità, che oltre ai requisiti sanitari consistenti nella perdita parziale o totale della capacità lavorativa, necessitano del versamento di un minimo di 5 anni di contributi, di cui almeno 3 nel quinquennio antecedente la domanda.

Dunque, conoscere la propria anzianità contributiva è fondamentale per esercitare il diritto alla pensione e le eventuali opzioni di prepensionamento.

Come si calcola l’anzianità contributiva?

Innanzitutto occorre sapere che, sebbene finora abbiamo parlato di anni di anzianità contributiva per accedere alle pensioni, il calcolo dell’anzianità contributiva avviene avendo come unità di riferimento le settimane lavorative. Infatti, per stabilire l’anzianità contributiva occorre sommare tutte le settimane lavorate e poi dividerle per 52, ovvero il numero delle settimane totali presenti in un anno.

Dunque, se volessimo andare in pensione di vecchiaia a 67 anni, con il minimo di 20 anni di contributi, dovremmo avere un totale di 1.040 settimane, che diviso per 52 fa, appunto, 20.

Tuttavia, non è sempre così per tutti i lavoratori. Il metodo di calcolo attraverso il conteggio delle settimane riguarda infatti la generalità dei lavoratori dipendenti iscritti all'AGO (Assicurazione Generale Obbligatoria), cioè Fondo Pensioni Lavoratori dipendenti (FPLD) e gestioni speciali dei lavoratori autonomi, quali artigiani e commercianti.

Invece, nei fondi esclusivi dell'assicurazione generale obbligatoria (come i dipendenti pubblici, ad esempio) e nei fondi sostitutivi dell'assicurazione generale obbligatoria (ad esempio gli ex fondo elettrici, ex-inpdai ecc.), l’anzianità contributiva si determina considerando i giorni di servizio calcolati considerando l’anno commerciale, che per convenzione è composta da 30 giorni per ciascun mese per un totale di 360 giorni all’anno.

Mentre per gli iscritti alla gestione separata dell'Inps, e tendenzialmente per gli iscritti alle casse professionali, l’anzianità si determina considerando i mesi interi, dunque un anno corrisponde a 12 mesi.

Infine, per i lavoratori agricoli e per i lavoratori dello spettacolo e sportivi professionisti, l'anzianità contributiva si calcola considerando i giorni dell’anno solare.

Ma come è possibile verificare la propria situazione contributiva?

L’INPS mette a disposizione dei propri iscritti un simulatore denominato La Mia Pensione Futura, a cui è possibile accedere tramite il portale dell’ente utilizzando le proprie credenziali SPID, CIE o CNS.

Si tratta di uno strumento che consente di accedere a informazioni importanti, quali età pensionabile e importo dell’assegno pensionistico futuro, in base alla legislazione vigente.

Attraverso questo simulatore è, inoltre, possibile controllare la propria situazione contributiva, verificando i contributi presenti e gli eventuali versamenti mancanti. Infine, attraverso la funzionalità di segnalazione contributiva consente di avviare le verifiche sulle informazioni che dovrebbero esserci ma risultano assenti.

Leggi anche il nostro approfondimento Quando vado in pensione? Come rispondere a questa domanda

Come incrementare l’anzianità contributiva

Una volta verificata la propria situazione contributiva, esistono diverse opportunità per incrementarla in modo da poter fruire delle possibilità di anticipo pensionistico.

Una opzione è quella rappresentata dai contributi volontari, una forma di contribuzione pubblica che il lavoratore può fare per integrare eventuali “buchi contributivi” in termini temporali ed eventualmente puntare a una integrazione dell’assegno pensionistico futuro.

I contributi volontari INPS possono essere versati per coprire periodi particolari, quali quelli in cui:

  • non si è svolto alcun tipo di attività lavorativa dipendente o autonoma (compresa quella parasubordinata);
  • ci sono stati brevi periodi di aspettativa non retribuita per motivi familiari o di studio;
  • era stato stipulato un contratto part-time.

Dunque è un’integrazione relativa ai soli periodi in cui l’iscritto non ha svolto un’attività lavorativa.

C’è poi il riscatto della laurea, cioè la possibilità di accreditare ai fini pensionistici gli anni dedicati allo studio universitario. Un’opzione consentita a coloro che hanno conseguito il titolo di studio: aver frequentato l’università, dunque, non è sufficiente ai fini dell’accredito dei relativi periodi.

Leggi anche i nostri approfondimento sul tema:

Sistema contributivo e fondi pensione

Se contributi volontari e/o riscatto della laurea rappresentano una valida opportunità per avvicinare il momento della pensione, diverso è il discorso relativo all’integrazione dell’assegno pensionistico.

Data l’applicazione del sistema contributivo, le iniziative volte all’integrazione del reddito da pensione sono più efficaci se attivate al di fuori del sistema pubblico, che offre assegni sempre più “magri”.

Per il risparmio con finalità previdenziali la soluzione individuata dal nostro legislatore è la previdenza complementare, di cui i fondi pensione come Priamo fanno parte.

Attraverso l’adesione a un fondo pensione, infatti, il lavoratore può accedere a una serie di vantaggi fruibili fin dal primo anno di iscrizione, quale ad esempio la deduzione fiscale dei contributi versati.

Nel caso dei fondi pensione negoziali (FPN) come Priamo, poi, i benefici sono ancora maggiori, basti pensare al contributo aggiuntivo a carico del datore di lavoro e ai costi di gestione contenuti, dal momento che i FPN sono istituiti senza scopo di lucro e dunque agiscono nell’esclusivo interesse dei propri aderenti.

Dunque, se il lavoratore, che magari presenta anche i requisiti per l’iscrizione a un fondo pensione negoziale, ha come obiettivo l’integrazione del suo reddito da pensione, dovrebbe valutare con grande attenzione i benefici derivanti dalla previdenza complementare.

Leggi anche il nostro approfondimento I vantaggi dell'adesione esplicita al Fondo Pensione

Temi: Pensione

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