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Aumento delle pensioni minime: cosa cambia?

Aumento delle pensioni minime: cosa cambia?

La Legge di Bilancio 2025 ha prorogato l’incremento straordinario per le pensioni minime introdotto dalla Legge di Bilancio 2023, anche per il biennio 2025-2026.

In questo articolo vedremo innanzitutto cosa prevede la Legge di Bilancio 2025 e quali sono le percentuali di incremento dell’assegno minimo, in ciascuno dei due anni e a seconda dell’età del percettore.

Dopodiché, vedremo qual è il nuovo importo delle pensioni minime stabilito per l’anno in corso e in che modo è stato determinato applicando la rivalutazione ordinaria e la maggiorazione straordinaria.

Infine scopriremo come incrementare le proprie entrate anche attraverso la previdenza complementare.

Aumento delle pensioni minime nella Legge di Bilancio 2025

L’INPS, con la summenzionata circolare n. 35 del 3 aprile 2023, ha fornito ai propri uffici le indicazioni per il calcolo dell’incremento delle pensioni di importo pari o inferiore al trattamento minimo, così come previsto dalla legge di Bilancio 2023.

Si tratta di un incremento degli importi delle pensioni minime o inferiori all’importo minimo, confermato dal Governo in via straordinaria anche per il 2025 e il 2026 con l’obiettivo di sostenere i percettori degli assegni pensionistici più bassi nell’affrontare gli effetti negativi dell’aumento dell’inflazione.

Nel dettaglio, la Legge di Bilancio ha stabilito:

  • per il 2025 un incremento ordinario per la rivalutazione di tutte le pensioni pari allo 0,8%, che viene innalzato al 3% (dunque con un incremento del 2,2%) per le pensioni minime grazie alla maggiorazione straordinaria confermata per il biennio 2025-2026;
  • per il 2026 una maggiorazione straordinaria dell’1,3%.

Dunque, questi aumenti hanno valore esclusivamente per le pensioni erogate da gennaio 2025 a dicembre 2026, incluse le tredicesime.

L’incremento si applica ai trattamenti pensionistici di natura previdenziale assoggettabili a IRPEF. Sono invece escluse tutte le prestazioni fiscalmente non imponibili (ad esempio la quattordicesima) o le prestazioni pensionistiche di carattere assistenziale, come le pensioni d’invalidità civile e l’accompagnamento per invalidità.

Le indicazioni fornite dall’INPS nella circolare riguardano in particolare i calcoli per il 2025, mentre per il 2026 occorrerà attendere il dato preciso, dal momento che l’importo delle pensioni minime viene aggiornato di anno in anno.

Leggi anche il nostro approfondimento Chi può andare in pensione nel 2025?.

Calcolo dell’aumento delle pensioni minime

Il calcolo parte dal valore delle pensioni minime per il 2025, fissato a 616,67 euro mensili.

Ma come si giunge a questa cifra? Vediamo uno per uno i passaggi:

  • le pensioni minime per il 2024 ammontano a 598,61 euro mensili;
  • lo 0,8% di rivalutazione ordinaria per il 2025 ammonta a 4,79 euro, dunque la pensione minima sale a 603,40 euro;
  • la maggiorazione straordinaria fissata per il 2025 è pari al 2,2%, per un imposto di 13,27 euro da aggiungere ai 603,40 euro, ed ecco l’importo definitivo di 616,67 euro.

Si tratta, dunque, di un calcolo piuttosto semplice, che porta a un aumento totale mensile di circa 18 euro lordi.

Modalità di pagamento e trattamento fiscale

L’aumento delle pensioni minime viene corrisposto con la stessa cadenza di pagamento della pensione, che può essere mensile, semestrale o annuale, a seconda del trattamento riconosciuto.

L’importo dell’incremento sarà indicato nel dettaglio in un’apposita voce del cedolino pensionistico, dunque il percettore potrà fare tutte le opportune verifiche dei conteggi.

Con il primo pagamento in cui viene applicata la maggiorazione, vengono corrisposti anche gli arretrati spettanti dal 1° gennaio 2025 o dalla decorrenza della pensione, se avvenuta in fase successiva (ad esempio un pensionamento iniziato a marzo 2025).

Anche l’aumento è fiscalmente imponibile, dunque andrà a incrementare la base di calcolo per l’IRPEF e l’importo sarà indicato nella certificazione fiscale relativa agli anni di erogazione.

Pensioni minime: perché conviene aderire al fondo pensione

L’aumento delle pensioni minime, come abbiamo visto, è piuttosto contenuto, a fronte di un incremento consistente del costo della vita dovuto ad anni di inflazione elevata. Questo impone, a chi oggi svolge ancora un’attività lavorativa, una seria riflessione circa il proprio futuro pensionistico.

Aderire prima possibile a un fondo pensione negoziale, ad esempio, consente di creare un’entrata aggiuntiva a integrazione della pensione pubblica, determinando anche gli importi che è necessario accantonare periodicamente (TFR, contributo individuale, contributo datoriale ed eventuali versamenti una tantum) per poter vivere una vecchiaia serena.

Oltre al principale obiettivo dell’iscrizione a un fondo pensione negoziale come Priamo, occorre avere ben presenti tutti gli altri vantaggi riconosciuti agli aderenti:

  • conferimento del TFR;
  • contributo aggiuntivo del datore di lavoro a fronte del versamento di un contributo minimo da parte del lavoratore;
  • vantaggi fiscali riconosciuti sui contributi, sui rendimenti e sulla prestazione finale;
  • costi contenuti, dal momento che il Fondo Priamo non ha scopo di lucro e opera nell’esclusivo interesse degli iscritti.

Visti i profondi cambiamenti del sistema pensionistico italiano e il progressivo invecchiamento della popolazione, l’adesione a un fondo pensione è dunque la strategia più efficace per progettare un futuro più solido.

Leggi anche il nostro approfondimento I vantaggi dell'adesione esplicita al Fondo Pensione

Temi: Pensione

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