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Aumento delle pensioni minime: cosa cambia?

La Legge di Bilancio 2023 ha previsto un incremento temporaneo per le pensioni minime nel biennio 2023-2024.

A questa decisione ha fatto seguito la circolare INPS 35/2023, con la quale l’ente previdenziale ha fornito le indicazioni per l’applicazione della maggiorazione, destinata a coloro che percepiscono trattamenti pensionistici minimi e che si trovano a dover fronteggiare un notevole incremento del costo della vita a causa dell’inflazione.

In questo articolo vedremo innanzitutto cosa prevede la Legge di Bilancio e quali sono le percentuali di incremento dell’assegno minimo, in ciascuno dei due anni e a seconda dell’età del percettore.

Dopodiché, analizzeremo il calcolo della maggiorazione sia sulle pensioni minime sia sui casi particolari comunque contemplati dalla normativa. Inoltre, vedremo quando e come verranno corrisposte le maggiorazioni e gli eventuali arretrati.

Infine, dal momento che le maggiorazioni vanno da poco meno di 9 euro mensili a un massimo di 36, scopriremo come incrementare le proprie entrate anche attraverso la previdenza complementare.

Aumento delle pensioni minime nella Legge di Bilancio 2023

L’INPS, con la summenzionata circolare n. 35 del 3 aprile 2023, ha fornito ai propri uffici le indicazioni per il calcolo dell’incremento delle pensioni di importo pari o inferiore al trattamento minimo, così come previsto dalla legge di Bilancio 2023.

Si tratta di un incremento degli importi delle pensioni minime o inferiori all’importo minimo, stabilito dal Governo in via transitoria per il 2023 e il 2024 con l’obiettivo di sostenere i percettori degli assegni pensionistici più bassi nell’affrontare gli effetti negativi dell’aumento dell’inflazione.

Nel dettaglio, la Legge di Bilancio ha stabilito:

  • per il 2023 un incremento delle pensioni minime pari all’1,5%, che viene innalzato al 6,4% per coloro che hanno un’età pari o superiore a 75 anni;
  • per il 2024 un aumento del 2,7%.

Dunque, questi aumenti hanno valore esclusivamente per le pensioni erogate da gennaio 2023 a dicembre 2024, incluse le tredicesime.

L’incremento si applica ai trattamenti pensionistici di natura previdenziale assoggettabili a IRPEF. Sono invece escluse tutte le prestazioni fiscalmente non imponibili (ad esempio la quattordicesima) o le prestazioni pensionistiche di carattere assistenziale, come le pensioni d’invalidità civile e l’accompagnamento per invalidità.

Le indicazioni fornite dall’INPS nella circolare riguardano in particolare i calcoli per il 2023, mentre per il 2024 occorrerà attendere il dato preciso, dal momento che l’importo delle pensioni minime viene aggiornato di anno in anno.

Leggi anche il nostro approfondimento Legge di Bilancio 2023: come cambiano le pensioni

Calcolo dell’aumento delle pensioni minime

Il calcolo parte dal valore delle pensioni minime per il 2023, fissato a 563,74 euro mensili.

Vediamo in particolare come si determinano le maggiorazioni per coloro che percepiscono un trattamento pari al minimo:

  • per i pensionati che hanno meno di 75 anni, la maggiorazione dell’1,5% è pari a 8,46 euro, per un importo pari a 572,20 euro;
  • per coloro che hanno un’età pari o superiore a 75 anni, la maggiorazione del 6,4% è pari a 36,08 euro mensili per un totale pari a 599,82 euro.

Vediamo, ora, due casi particolari, comunque coinvolti dalla maggiorazione.

1. Pensione di importo compreso tra il minimo 2023 e il minimo con maggiorazione

In questo caso, la maggiorazione non viene riconosciuta per intero ma soltanto fino al raggiungimento dell’importo comprensivo dell’aumento temporaneo.

Facciamo un esempio, per chiarire meglio.

Un pensionato che ha meno di 75 anni e percepisce una pensione mensile pari a 570 euro, vedrà il suo assegno innalzarsi all’importo massimo di 572,20 euro.

In sostanza, non otterrà l’aumento di 8,46 euro spettante a chi percepisce il minimo, ma soltanto la differenza necessaria a raggiungere l’importo minimo comprensivo della maggiorazione temporanea per il 2023.

2. Pensione di importo inferiore al minimo

In questo caso, invece, la maggiorazione viene determinata considerando come base di calcolo l’assegno percepito dal pensionato per poi ottenere l’effettivo incremento.

Anche in questo caso aiutiamoci con un esempio per capire meglio.

Se il pensionato percepisce 300 euro mensili, le maggiorazioni per il 2023 saranno le seguenti:

  • se il pensionato ha meno di 75 anni, la maggiorazione dell’1,5% è pari a 4,50 euro, per una prestazione mensile totale pari a 304,50;
  • se il pensionato ha un’età pari o superiore a 75 anni, la maggiorazione del 6,4% è pari a 19,20 euro mensili per un totale pari a 319,20 euro.

Modalità di pagamento e trattamento fiscale

L’aumento delle pensioni minime viene corrisposto con la stessa cadenza di pagamento della pensione, che può essere mensile, semestrale o annuale, a seconda del trattamento riconosciuto.

L’importo dell’incremento sarà indicato nel dettaglio in un’apposita voce del cedolino pensionistico, dunque il percettore potrà fare tutte le opportune verifiche dei conteggi.

Con il primo pagamento in cui sarà applicata la maggiorazione, verranno corrisposti anche gli arretrati spettanti dal 1° gennaio 2023 o dalla decorrenza della pensione, se avvenuta in fase successiva (ad esempio un pensionamento iniziato a marzo 2023).

Anche l’aumento è fiscalmente imponibile, dunque andrà a incrementare la base di calcolo per l’IRPEF e l’importo sarà indicato nella certificazione fiscale relativa agli anni di erogazione.

Pensioni minime: perché conviene aderire al fondo pensione

Abbiamo analizzato l’intera circolare e fatto diversi esempi per determinare gli importi dell’aumento riconosciuto a chi percepisce una pensione minima. Si tratta, come illustrato, di incrementi che vanno da poco meno di 9 euro a circa 36 euro. Cifre che, a fronte di un incremento consistente del costo della vita, restano comunque irrisorie e che impongono a chi oggi svolge ancora un’attività lavorativa una seria riflessione circa il proprio futuro pensionistico.

Aderire prima possibile a un fondo pensione negoziale, ad esempio, consente di creare un’entrata aggiuntiva a integrazione della pensione pubblica, determinando anche gli importi che è necessario accantonare periodicamente (TFR, contributo individuale, contributo datoriale ed eventuali versamenti una tantum) per poter vivere una vecchiaia serena.

Oltre al principale obiettivo dell’iscrizione a un fondo pensione negoziale come Priamo, occorre avere ben presenti tutti gli altri vantaggi riconosciuti agli aderenti:

  • conferimento del TFR;
  • contributo aggiuntivo del datore di lavoro a fronte del versamento di un contributo minimo da parte del lavoratore;
  • vantaggi fiscali riconosciuti sui contributi, sui rendimenti e sulla prestazione finale;
  • costi contenuti, dal momento che il Fondo Priamo non ha scopo di lucro e opera nell’esclusivo interesse degli iscritti.

Visti i profondi cambiamenti del sistema pensionistico italiano e il progressivo invecchiamento della popolazione, l’adesione a un fondo pensione è dunque la strategia più efficace per progettare un futuro più solido.

Leggi anche il nostro approfondimento I vantaggi dell'adesione esplicita al Fondo Pensione

Temi: Pensione

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